Ebbene si, anche la placenta umana e le microplastiche possono avere una relazione tra di loro, ma come esattamente?

Da una ricerca effettuata su 6 placente, dopo parti e gravidanze normali (da donne sane), è emersa la presenza di microplastiche in 4 di esse.

Sono stati infatti trovati 12 frammenti di microplastiche, la dimensione delle microplastiche analizzate era di 0,01 mm, dunque abbastanza piccole da essere trasportate nel flusso sanguigno.

C’è da sottolineare che è stato analizzato solo il 4% di ciascuna placenta. Questo suggerisce che il numero totale di microplastiche era comunque molto più elevato.

Questo dovrebbe sorprenderci fino a un certo punto dato che, come sappiamo, in media un essere umano ingerisce il quantitativo di plastica pari alla grandezza di una carta di credito ogni settimana.

In correlazione a questo, ogni anno solo in Europa, vengono prodotte circa 48 miliardi di bottiglie di plastica e l’ Italia è il paese che ne produce di più con circa 8 miliardi.

La plastica, una volta rilasciata nell’ambiente, subisce una degradazione che dà origine a particelle di dimensioni micrometriche , le microplastiche tuttavia non derivano solo dalla degradazione di frammenti più grandi, ma sono anche prodotte intenzionalmente ed utilizzate nei più svariati settori, a cominciare dai prodotti per l’igiene personale e la cosmetica.

Se le microplastiche si ritrovano all’interno della placenta le preoccupazioni sono ancora maggiori dato che la placenta fa da tramite tra il feto e il mondo esterno e che riveste un ruolo determinante nella tolleranza immunitaria fra organismo materno e prodotto del concepimento.

L’impatto di microplastiche nella placenta umana sulla salute è ancora sconosciuto, ma gli scienziati affermano che tali particelle possono causare danni a lungo termine ai feti o sconvolgere il sistema immunitario in via di sviluppo del bambino.

Seguire un’ alimentazione  sana e bilanciata in questa fase e soprattutto limitare in maniera importante il consumo e lo spreco eccessivo di plastica, può sicuramente ridurre il rischio di danni per il feto e il suo sviluppo.

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